La buca delle lettere azzurra con il suo nome dipinto trascina già i visitatori in un mondo di favole, anche i tabià che circondano la sua casetta pare si reggano in piedi quasi per un incantesimo lungo il pendio di Fornesighe. E' in questo contesto che Bruno De Pellegrin lavora indisturbato è quindi facile capire come riesca a mettere un tocco di magia nelle sue opere, come le sue figure sembrino uscite da antiche leggende di paese popolate da streghe ed elfi.
Bruno è un artista polivalente che ama sperimentare tecniche molto lontane tra loro; da anni è apprezzato per i suo murales che si possono ammirare sui muri di molte case zoldane, ma, con grande sorpresa dei viandanti, anche sui rifugi in alta quota. Queste opere vengono spesso commissionate e vincolano l'artista a dei temi prescelti restringendo in questo modo il suo fare artistico, è un limite che sta molto stretto a Bruno egli è infatti un sostenitore della totale libertà artistica.
La libertà di espressione è linfa vitale, condizione indispensabile del suo essere artistico ma anche umano. Egli ama abbandonarsi all'istinto e il sentiero che decide di seguire lo porta lungo un labirinto intricato dal quale si libera concentrandosi sulla figura umana. Bruno approda alla pittura e capisce di avere più ampie possibilità a livello cromatico e figurativo, ma anche in questa tecnica da più importanza alla linea, predilige sempre il disegno rispetto al colore che passa in secondo piano.
Nella pittura assistiamo ad un anacronismo; il ritorno a tecniche antiche cadute in disuso, l'artista recupera la tradizione dell'uso di collanti naturali, mescola i pigmenti nella pace del suo angusto atelier, come un moderno alchimista.
Ma è proprio il gesto che lo porta a fondersi con i suoi lavori, ha un legame forte con gli aspetti manuali dell'essere artista e durante il suo percorso si accorge che giocare con le colle per dare vita ai colori non gli basta. Si avvicina così ad una tecnica nella quale colore e materia divengono tutt'uno, dove il quadro stesso è campo di lavoro manuale, Bruno sceglie l'intarsio.
Con l'intarsio si apre un nuovo, faticoso capitolo per il nostro artista, egli lancia una sfida all'arte che nasce da un suo dissidio intcriore: da una parte la durezza del materiale scelto, dall'altra la spiritualità delle delicate figure che emergono dal legno.
Questo artista di montagna che ha sempre vissuto fortemente a contatto con la gelida durezza della roccia, sceglie il calore del legno come luogo di conforto, immagine del focolaio domestico che accende ricordi di fredde serate quando, attorno al camino, vagavano nell'aria racconti popolati da esseri bizzarri con nomi impossibili da ricordare.
L'innato e atavico bisogno dell'artista di sfidare le vette lo accompagna nella sua sfida al legno; crea intarsi delicati con un forte equilibrio di forme, queste donne sognanti sono composte da poche linee magistralmente scelte. Le figure sono fuori dal tempo, immateriali, esprimono la caducità della vita terrena, scompaiono e riappaiono tra le vene del legno. Il colore sarebbe superfluo per questa "maja denuda" contemporanea, il legno crea naturalmente delle sfornature che l'artista userà con parsimonia per dare i giusti contrasti all'immagine.
La componente del sogno persiste nei paesaggi intarsiati, anche quando il villaggio è riconoscibile viene trasfigurato in una visione onirica proprio grazie all'effetto di irrealtà che il legno crea. La neve sui tetti c'è ancora ad un secondo sguardo, oppure il sole l'ha già sciolta involontariamente? La risposta dipende dal sogno dello spettatore.
Bruno prosegue nel suo cammino formativo, come ogni giovane artista sperimenta temi e tecniche diverse, anche se oggi, forse un po' stanco del viaggio iniziato ormai da tanti anni, pare aver trovato la chiave in queir antico e dimenticato uso del legno come espressione artistica. Ed è una involontaria ma forte critica alla frenesia dell'era di internet, un no deciso ad un modo comodo di essere artista.
Sulla strada che percorrerà in futuro aleggia un segreto ma, incontrandolo, si percepisce che il sentiero sarà in salita, l'arte come una magnifica montagna da scalare, a quali vette vorrà ambire?
(Liana Cercenà)